martedì 10 novembre 2009

Il segreto dei campionissimi è l'assidua ricerca della perfezione. Una vittoria, un primato, un record sono il punto di partenza per traguardi più impervi. Mai appagati, inseguono un nuovo successo attraverso la fatica e il sacrificio, valori guida verso l'immortalità sportiva.

Ole Einar Bjoerndalen è il prototipo del campionissimo. Norvegese di Drammen e, ancora per poco, 35enne (è del gennaio 1974), Bjoerndalen si è fregiato in carriera di ogni tipo di onore. Ha conquistato ori olimpici e mondiali a ripetizione, ha sovrastato almeno due generazioni di avversari. Ma non è sazio. Poco tempo fa ha paventato l'eventualità di continuare fino alle Olimpiadi del 2014, quasi a voler ricordare a tutti gli altri che l'epoca del dominio non avrà una scadenza tanto breve.

Il biathlon è la sua dimensione, non l'unica a dire la verità. Ha basato ogni vittoria sulle formidabili doti di fondista, con le quali ha spesso (nella disciplina eletta) colmato il leggero gap di precisione al poligono rispetto ad avversari meno fallosi, ed è addirittura riuscito a competere (e a vincere) in gare di sci di fondo. Nonostante lo strapotere sugli sci, Bjoerndalen ha progressivamente affinato la tecnica di tiro, abbinando velocità di esecuzione e precisione. Se si pensa che a 35 anni suonati ha studiato da vicino la tecnica di tiro dell'austriaco Simon Eder - il più veloce tiratore nel panorama di Coppa del Mondo - per accorciare le soste al poligono, si intuisce l'innato spirito di competizione del norvegese.

I numeri sono impressionanti, e fin troppi da snocciolare in poche righe: 89 vittorie (88 nel biathlon più 1 nel fondo, la 15 km in tecnica libera di Gaellivare, nel 2006) tra Coppa del Mondo, Olimpiadi e Mondiali, 5 medaglie d'oro olimpiche (4 delle quali conquistate nella sola edizione di Salt Lake City), 14 medaglie d'oro mondiali (addirittura 4 la stagione scorsa a Pyeong Chang), 43 medaglie totali tra manifestazioni iridate e a cinque cerchi.
Bjoerndalen ha letteralmente riscritto la storia del biathlon, tanti e tali sono i record di cui si è appropriato: nel 1993, ai Mondiali Junior di Ruhpolding, si aggiudicò l'oro in tutte e 3 le gare previste (sprint, inseguimento e individuale), come nessuno prima e dopo; alle Olimpiadi del 2002 a Salt Lake City vinse 4 ori in altrettante prove (le 3 già citate più la staffetta), unico nella storia; vanta il primato per ori olimpici e mondiali e per numero complessivo di medaglie; altro primato, le Coppe del Mondo vinte, ben 6 in 15 anni di carriera; è inoltre il solo ad aver vinto una gara di Coppa del Mondo sia nel biathlon che nello sci di fondo (Lars Berger, altro biatleta norvegese, ha vinto una gara di fondo ai Mondiali; c'era riuscita anche la finlandese Kaisa Varis, ma la seconda squalifica per doping le ha giustamente tolto tale merito).

Le favolose gesta del mitico norvegese non possono essere inscritte nel microcosmo del biathlon, ma devono essere estese perlomeno all'universo delle discipline invernali. Ole al momento è terzo nella classifica all-time per successi individuali: a un passo (o meglio 3 passi) dalle 92 vittorie dello sciatore svedese Ingemar Stenmark, più lontana la svizzera del freestyle Conny Kissling, che per un decennio a cavallo tra gli anni '80 e '90 conquistò 109 successi. Cifre da capogiro.

Ole Einar Bjoerndalen è di fatto un superuomo per le vicende sportive di cui si è reso protagonista. Ma è un personaggio semplice, molto umile, riservato. Sposato dal 2006 con la collega Nathalie Santer, italiana di nascita e ora portacolori del Belgio, è un esempio di sportività e agonismo. Dopo la delusione di Torino 2006, in cui "racimolò soltanto" un argento e un bronzo, si è rimboccato le maniche ed è tornato a dominare. Dal francese Raphael Poirèe e dai tedeschi Sven Fischer e Michael Greis, fino ad arrivare al suo connazionale ed "erede" Emil Hegle Svendsen e agli agguerriti russi e austriaci, Ole si è confrontato con i migliori biatleti della storia recente. E da quei confronti, spesso, ne è uscito vincitore.

Daniele Todisco

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